3718 lavoratori, 543 cantieri, 389 imprese edili: sono questi i numeri aggiornati a giugno 2018 de “Il cantiere più grande di Europa”. Ma come lo vive chi ci sta lavorando? Lo hanno raccontato gli stessi operai al Festival della Partecipazione nell’evento organizzato venerdì 12 nell’auditorium Renzo Piano.
Durante l’incontro, moderato da Fabrizio Barca, componente del comitato scientifico del Festival, sono infatti stati resi noti per la prima volta alcuni dati su cui i lavoratori sono stati chiamati ad intervenire.
Un esempio è la percentuale di impiego: dalle elaborazioni dell’osservatorio costituito presso la Prefettura de L’Aquila sui flussi di manodopera nel lavoro di ricostruzione, è risultato che nel 62% dei cantieri e nel 56% delle imprese ci siano meno di 5 lavoratori assunti. Un numero inferiore rispetto alla percezione della presenza di operatori nei cantieri. Perché? Fattore chiave sembrerebbe essere la questione dei contratti, come sostenuto dagli operai presenti sul palco, che, auspicando una maggiore trasparenza, hanno dichiarato: «Spesso siamo assunti con contratti relativi a categorie di livello inferiore così da poter essere pagati di meno». La difficoltà nell’individuazione concreta della reale dimensione del fenomeno risiede anche nel fatto che alcune categorie, nonostante prendano parte attivamente al lavoro nel cantiere, non siano conteggiate nei numeri forniti dalla Cassa Edile. È stato inoltre esposto che meno del 20% delle ditte operanti siano titolari dei lavori, il resto quindi sia frutto di subappalti.
Nella fase successiva del dibattito sono stati esposti altri dati che hanno contribuito a far riflettere su un’altra complessa tematica: il lavoro sommerso. Se c’è un settore in cui questo fenomeno riesce a proliferare, questo è sicuramente l’edilizia. Il costo della manodopera è stimabile soltanto nel 13% del totale dei lavori. Un concetto del genere apre uno scenario assai più ampio sulla moralità ed etica delle imprese, le quali evidentemente non sono sottoposte ad un opportuno controllo da parte degli enti preposti. Alcuni relatori hanno dichiarato che: «Bisognerebbe impegnarsi affinché venga di nuovo introdotto il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), non più in vigore nel 2017 nel settore edilizio, come strumento di lotta al lavoro sommerso».
Ulteriore cardine della discussione è stata la necessità di controlli per evitare infiltrazioni di associazioni illecite e criminalità organizzata. Sotto questo aspetto, sono state ricordate le inchieste “Dirty Job” e “Social Dumping”, che hanno portato alla luce episodi illegali sul territorio aquilano. È necessario quindi perseverare nel processo di prevenzione e di indagine affinché non possano verificarsi casi di illecito.
Cresce tra i lavoratori edili la percezione del rischio e migliora significativamente la sicurezza nei cantieri. Alcuni operai, tuttavia, hanno contestato degli aspetti della formazione che, secondo il loro parere, non corrispondono alla realtà effettiva del cantiere. Un’opportunità di sviluppo è sicuramente rappresentata dalla costruzione a L’Aquila della nuova Scuola Edile, che potrà ulteriormente favorire il percorso di preparazione. Gli stessi operai hanno richiesto una maggiore sensibilità nel riconoscere i diritti dei lavoratori senza avere ripercussioni negative in caso di denunce per infortuni sul lavoro o segnalazioni di condizioni lavorative poco dignitose che possono portare, in alcuni casi, anche al licenziamento.
Il loro auspicio è di assistere ad uno “scatto culturale” che consenta di lavorare nelle giuste condizioni e diventare parte attiva nel processo di ricostruzione della città.
A cura di Giorgio Spagnoli