Tra pochi giorni a L’Aquila, dal 6 al 9 luglio, si terrà la seconda edizione del festival della partecipazione. La prima edizione è stata una scommessa che partiva dalla convinzione delle tre organizzazioni promotrici – ActionAid, Cittadinanzattiva e Slow Food Italia – della necessità di uno spazio pubblico, aperto e “senza rete”, dove parlare di un tema come la partecipazione che ha a che fare non solo con il presente ma soprattutto con il futuro delle nostre comunità. La partecipazione non è una concessione o un “premio” ma un modo di vedere la politica, una modalità di governo e non riguarda solo gli amministratori pubblici ai vari livelli ma tutti coloro i quali hanno o ambiscono ad avere un ruolo pubblico, tutti coloro i quali si vogliono impegnare, mettendo a disposizione la propria esperienza e le proprie competenze per cambiare le cose. Parlare di partecipazione, che rischia di essere un tema “trendy” e quindi soggetto ad usura quando passa di moda, è bello se si ancòra la discussione alla concretezza, alle esperienze, ai successi ed anche ai fallimenti che a volte ci sono stati.
Parlare di partecipazione non è facile, bisogna partire dalla volontà dei vari attori che si candidano ad essere parte di un percorso, dalla disponibilità ma anche dalla generosità che è legata al fatto che quando si iniziano dei processi di cui facciamo parte non ci sono tavoli di trattativa ma spesso nuove comunità che si creano tra persone, organizzazioni ed interlocutori che, pur venendo da storie, mestieri, ruoli istituzionali ed esperienze diverse, hanno obiettivi comuni.
Una delle cose che più mi ha colpito dell’esperienza dello scorso anno è stata la voglia di tante persone di esserci, di raccontare ed ascoltare, di confrontarsi e di essere parte attiva per cambiare le cose superando una idea di “delega in bianco” alle istituzioni ed alla politica che non solo è parte di un altro periodo storico ma che semplicemente non funziona più. È cambiato il mondo e deve cambiare il modo di governare una realtà che per le differenze tecnologiche, economiche, sociali, di diritti è straordinariamente e troppo spesso anche drammaticamente diversa.
La stessa sensazione vissuta al festival l’ho trovata nelle facce dei cittadini, nelle associazioni e nei comitati dei paesi colpiti dal terremoto dello scorso anno. Tante persone che non solo non hanno ceduto alla disperazione ma che con grande forza vogliono contribuire a riprogettare il futuro delle loro comunità, colpite ma non vinte.
Abbiamo provato a rendere il festival uno spazio aperto a tante esperienze perché diventasse una piattaforma ed un laboratorio dove tutti si sentissero accolti e potessero, con le proprie esperienze e le proprie competenze, sentirsi protagonisti contribuendo non ad un evento ma alla costruzione di una comunità che non duri solo il tempo di una manifestazione. Potete trovare testimonianza di questo sforzo sul sito dove potrete trovare il programma aggiornato in tempo reale con i temi e gli amici che ne discuteranno.
Ci vediamo allora a L’Aquila tra qualche giorno, consapevoli del fatto che forse da soli si va più veloce ma insieme si va più lontano!