Oggi non parliamo di problemi, ma di soluzioni, di storie di coraggio, di partecipazione, di rinascita. E lo facciamo chiacchierando con i protagonisti che stanno davvero cambiando questa nostra Italia.
«In realtà i modelli di riferimento esistono, – ci ricorda Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia – e allora chiediamoci perché non diventano un modello da seguire». La montagna però non è tutta uguale, non esistono soluzioni uniformi e applicabili a tutte le realtà, ma dobbiamo cercare «ricette personalizzate perché le persone stiano bene in montagna, recuperando una dignità sociale ed economica. Diciamocelo: siamo stufi di gente che resiste in montagna». L’innovazione arriva dalle risposte individuali, da chi si impegna per costruire modelli virtuosi che pongano le basi di queste comunità. E allora stringiamo la mano a chi valorizza il ruolo delle nostre terre alte.
Trasformare le marginalità in opportunità. Questo il motto di Lino Gentile, sindaco del molisano Castel del Giudice, che ha messo in piedi una vera rivoluzione coinvolgendo tutti i 350 abitanti. È grazie alla partecipazione di tutti infatti che si è trasformata una scuola chiusa in struttura socio assistenziale perfettamente funzionante, che ora rappresenta un esempio per tutto il territorio.
E dopo la scuola, le stalle inutilizzate, ora bellissimo albergo diffuso. «I più anziani sono venuti a sottoscrivere il progetto e a dare il loro contributo con il vestito buono, fieri della trasformazione del loro paese». E per il futuro, l’obiettivo è trasformare i terreni abbandonati in azienda agricola biologica partecipata, con noccioleti, sfruttando la filiera dell’orzo per produrre birra e coinvolgendo famiglie di immigrati. «Insomma, invece di chiedere contributi per la festa patronale, li chiedo per i progetti!».
Ci spostiamo ora a Positano, non per parlare di mare ma per scoprire l’area che fa da cornice alla costa che tutto il mondo ci invidia. È qui che Giacomo Miola ha fondato Metafarm, il progetto che coniuga innovazione, estetica e sistema, perché «chi l’ha detto che i cambiamenti sostenibili non possono avvalersi della tecnologia?». Ecco allora che in programma ci sono percorsi di trekking enogastronomico, in cui si raccolgono le erbe spontanee del territorio per poi cucinarle e assaggiarle tutti insieme, e si sta progettando una piattaforma che permette a chi visita il territorio di entrare a contatto con chi ogni giorno lo vive. Così si può incontrare Giovanni, panettiere, che parla due lingue ed è disposto ad accogliere i turisti nel suo laboratorio, per impastare insieme e conoscere i grani autoctoni.
E concludiamo il nostro viaggio tornando in Molise, dove Nicola del Vecchio e Michela Bunino ci aprono le porte della loro azienda agricola Alba, dove hanno voluto applicare un sistema di cooperazione e innovazione a 360 gradi, che ha scardinato le basi delle altre realtà locali, che da sempre puntano su produzione omologata e massiva di cereali e di latte, che però possono essere «messe in ginocchio da una sola gelata inaspettata». Nicola e Michela la pensano diversamente e rappresentano un’alternativa nella gestione di filiere corte, ripartendo dall’attenzione dei tesori del territorio e delle sue materie prime più tradizionali. «Alcuni produttori e due sindaci hanno iniziato a sposare le nostre tematiche, stiamo finalmente cominciando a parlare di creare un mercato contadino, offrendo quell’alternativa che manca, dando uno sbocco agli agricoltori della zona». Con loro lavorano ora due immigrati africani, scappati da guerre e violenze. «Oltre alla passione e alla resistenza, mi colpisce il loro inesauribile sorriso. Loro sono felici di imparare, di lavorare, di condividere fatica e piacere e soprattutto di avere un’altra possibilità. È da questi nostri fratelli che dobbiamo imparare, è con persone come loro che riusciremo a sconfiggere lo spopolamento delle montagne e a tramandare i mestieri». Parlare insieme di sostenibilità, gettare i semi di una nuova comunità, insegnare ciò che si sa. «Questo rende felici alla fine della giornata». Perché, come ricorda Nicola, «Non dobbiamo chiudere le frontiere alle persone ma al cibo di pessima qualità che arriva sulle nostre tavole, e che nasconde dietro un packaging luccicante dumping sociale, ambientale e sfruttamento».
Fare rete, stimolare la rivoluzione culturale del cambiamento: questo l’obiettivo del Festival della partecipazione, pienamente raggiunto in questo incontro colmo di entusiasmo e condivisione. Perché i rivoluzionari dobbiamo essere noi, tutti noi.