Ricostruzione e sviluppo: sabato nell’auditorium “Renzo Piano” de L’Aquila sono state messe a confronto le esperienze dei cittadini e dei territori italiani colpiti da sisma negli ultimi 40 anni, con l’obiettivo di delineare una policy nazionale post-sisma che metta al centro la partecipazione civica.
Dopo l’introduzione di Emma Amiconi, presidente Fondaca, Alessandra Faggian del Gran Sasso Science Institute ha ricordato che «Il 60% del territorio italiano è area interna ed il rischio sismico maggiore è nelle aree periferiche. Essere esposti non vuol dire essere vulnerabili, ma occorre considerare sempre in fase di prevenzione la diversità dei contesti». Sono quindi stati messi a confronto i terremoti in Emilia Romagna e nel centro Italia, avvenuti a pochi anni di distanza l’uno dall’altro ma in territori molto diversi.
Lorenzo Fagian, componente dell’Ufficio Speciale Ricostruzione Comuni del Cratere, ha quindi delineato le caratteristiche delle ricostruzioni tra i sei maggiori terremoti degli ultimi 40 anni: Friuli Venezia Giulia 1976; Irpinia 1980; Umbria 1997; L’Aquila 2009; Emilia 2012; centro Italia 2016-17. «Non c’è un modello unico di gestione da un sisma all’altro» ha sottolineato Fagian. «Sia nell’emergenza che nella pianificazione urbana». Peculiarità e differenze declinate dai dati che sono stati proiettati sul palcoscenico dell’auditorium: in primo luogo, la gestione governativa dell’emergenza attraverso decreti leggi che esautorano o incaricano del tema della ricostruzione gli enti locali; poi la cura e l’attenzione dei cittadini attraverso nuovi piani urbanistici che mirano a limitare danni futuri.
Sono quindi intervenuti sette rappresentanti delle regioni italiane coinvolte negli eventi sismici: Franceschino Barazzutti del Friuli Venezia Giulia ha posto l’accento sull’importanza dei cittadini nella ricostruzione, che dalle fabbriche è passata alle case e quindi alle chiese, attraverso il decentramento e la partecipazione popolare. L’esempio del Friuli è stato molto importante per tutti i cittadini coinvolti nelle calamità successive: Michele Figliulo, coinvolto nel terremoto dell’Irpinia, ha ricordato di esser partito proprio a vedere il modello di ricostruzione. L’importanza della comunità dei cittadini è stata ribadita dalle testimonianze dalle Marche, dal Lazio, dall’Emilia Romagna. Giulia Tommasi dell’Urban Center de L’Aquila ha quindi spiegato come la nostra città ha reagito ad una sollecitazione così importante.
Dopo la lettura delle proposte di policy pubblica per la ricostruzione, a partire dagli spunti emersi anche dalle sessioni mattutine, Sara Vegni, responsabile dell’unità Resilienza di Action Aid Italia, ha specificato come nei prossimi mesi le organizzazioni del festival lavoreranno per renderle ancora più efficaci ed attuative. Un percorso lungo, di cui la presentazione di sabato è solo l’inizio.
A cura di Stefano Rotolante e Davide Crisi